Patologia del tennista: non solo gomito
Dott. Michele Solarino
ìU.O.C. di Radiologia ASL BA- Bari |
Dott. Giuseppe Solarino
Ist.clinica ortopedica Università
di Bari |
Nel tennis, sport sinonimo di eleganza e coordinazione, così come avviene per la maggior parte degli sport, gli atleti/e vengono colpiti da alcune patologie peculiari del gesto sportivo in conseguenza del sovraccarico funzionale che si viene a creare sulle strutture muscolo-tendinee ed articolari e anche da lesioni acute, peraltro rare, che sono sempre in agguato come ad es. le lesioni muscolari ( tipica quella a livello della inserzione distale del muscolo tricipite surale o a livello della porzione debole del muscolo gemello mediale ) oppure gli eventi distorsivi a livello della caviglia, più spesso, o del ginocchio, che però nulla hanno di diverso sia come modalità di trauma che come diagnostica per immagini, rispetto alle similari che avvengono in occasione di altre pratiche sportive.
Viene qui di seguito riportato il contributo della diagnostica per immagini in occasione delle tre patologie microtraumatiche ( c.d da overuse o sovraccarico) che possono colpire i giocatori/trici di tennis nel corso della loro carriera sportiva, in ordine di frequenza il gomito, la spalla ed il polso.
Fig. 1 i tre tipi più comuni di impugnatura nel tennis: dall’alto in basso rispettivamente la continentale, occidentale e orientale.
GOMITO
È senz’altro il distretto articolare più frequentemente coinvolto dalla patologia microtraumatica del tennista, tanto da dare l’eponimo –“gomito del tennista”- alla patologia inserzionale o pre-inserzionale che avviene a livello del gomito.
Poiché colpisce soprattutto i giocatori di età compresa tra i 30 e i 50 anni, preferibilmente non professionisti, certamente questa patologia è causata da errori di tecnica, insufficiente preparazione muscolare e difetti di incordatura o per l’utilizzo di una impugnatura troppo piccola rispetto alla mano del giocatore.
C’è da segnalare, e può senza dubbio essere motivo di riflessione, che dalla primitiva classica sede e cioè la inserzione epicondiloidea dei tendini estensori delle dita, la tipica sintomatologia costituita dal vivo dolore alla pressione sia a riposo che sotto sforzo nella sede inserzionale che rende difficoltosi e dolorosi anche i più semplici movimenti di presa di oggetto e di stretta di mano, può colpire nel tennista anche la inserzione epitrocleare dei tendini flessori delle dita e anche una sede più propriamente muscolare, più distale rispetto al gomito. Ciò avviene per il profondo mutamento della impugnatura del tennista che attualmente predilige la impugnatura orientale; quest’ultima è quella maggiormente usata tra i professionisti (figura 1) piuttosto che la continentale o la occidentale e che quindi crea un sovraccarico zonale in sedi meno tipiche rispetto a quelle visibili in passato. La radiologia convenzionale (R.C.) appare piuttosto tardiva come metodica diagnostica, poiché diventa positiva a seguito della presenza in sede paraostale inserzionale (fig.2) di precipitazioni di calcio intratendinee che fanno seguito a microemorragie che possono avvenire nel contesto delle fibre tendinee o rendendo evidenti aree di sclerosi ossea corticale, segno indiretto di patologia tendinea inserzionale. La ecografia è attualmente la metodica più sensibile rispetto a questo problema, consentendo una ottimale visualizzazione dei tendini, fino alla loro inserzione all’osso mediante l’apparato mio-entesico. La ecografia può mettere in evidenza tipici elementi semeiologici dei vari gradi di tendinite inserzionale o tendinosi o peritendinite e la presenza di calcificazioni anche millimetriche. Anche la risonanza magnetica nucleare (RMN) può essere di ausilio nella diagnosi, consentendo una ulteriore valutazione rispetto alle precedenti metodiche e cioè lo stato dell’osso subcondrale. È chiaro che alcuni test specifici, come quelli di Thomson, Mill o Cotzen sono di grosso ausilio per indirizzare la diagnosi su eventuali patologie similari e possono consentire una più precisa richiesta di accertamenti radiologici.
SPALLA
Nel movimento della schiacciata e della battuta la spalla del tennista va incontro ad enormi sollecitazioni (pensate alla velocità che raggiunge la pallina di oltre 200 Km/h (nel servizio di alcuni di essi!) che creano in definitiva una patologia da sovraccarico funzionale sulle strutture muscolo-tendinee ed inserzionali della cuffia dei rotatori, specialmente il tendine del m. sovraspinoso e il tendine del capo lungo del m. bicipite brachiale. È sbagliato pensare che il sovraccarico funzionale debba colpire solamente i tennisti capaci di rotazioni (topspin) apparentemente impossibili o di accelerazioni vertiginose della pallina ma il sovraccarico può essere visto come la combinazione di alte sollecitazioni (anormali ) applicate in maniera ripetitiva a tessuti normali come avviene nei soggetti allenati, ma deve essere vista anche come effetto di sollecitazioni normali applicate a struttura con ridotte caratteristiche di capacità di carico, quali possono essere quelle di soggetti non allenati e non preparati agli sforzi dei movimenti gestuali del tennis.
Inoltre non va dimenticata la complessa struttura anatomica della spalla che deve fare fronte continuamente ad una situazione di potenziale instabilità, per cui deve continuamente autocentrarsi in situazioni di estrema difficoltà funzionale, tra l’altro aggravati dal fatto che nella pratica del tennis il movimento è sempre trasmesso da un attrezzo, la racchetta, di tipo impulsivo, cioè è soggetto a più impulsi da parte del praticante e non funge da mezzo coadiuvante dello spostamento. Le metodiche di imaging contribuiscono insieme con l’esame clinico ad arrivare ad una precisa diagnosi che più spesso è rappresentata da vari gradi di lesività dei tendini della cuffia dei rotatori che vanno incontro alla cosiddetta sindrome da conflitto superiore sottoacromiale o postero-superiore (con questo termine si intende una sindrome dolorosa descritta e ben codificata per primi da G. Walch- F. Rossi che può colpire alcuni tennisti che eseguono la battuta portando la spalla in posizione estrema di abduzione ed extrarotazione), in cui in definitiva il tendine del m. sovraspinoso viene compresso in maniera violenta e ripetuta nel tempo tra superfici ossee che lo logorano continuamente. A lungo andare, per di più, la sindrome da conflitto che si viene a creare può sfociare o verso una rottura del o dei tendini coinvolti o può virare, a seguito dell’allungamento delle strutture capsulari, verso una instabilità che può divenire anche multidirezionale e necessitare quindi di una terapia chirurgica, sia essa di ritensionamento capsulare o di ancoraggio delle strutture tendinee.
La R.C. può dare solo contributi indiretti della patologia da conflitto e piuttosto tardivi. La ecografia (fig.3) e la RMN (fig.4) certamente costituiscono superbi mezzi diagnostici che, a volte con l’ausilio del mezzo di contrasto intraarticolare o in posizione di ABER (aduzione ed extrarotazione della spalla), consentono diagnosi dettagliatissime ai fini di un corretto iter terapeutico.
POLSO
Molto frequenti nel giocatore di tennis sono anche le tendiniti della mano e del polso e il “dito a scatto”, dovuto ad un rigonfiamento del tendine flessore delle dita che rimane incastrato nella sua guaina di scorrimento. Questa patologia avviene soprattutto nei tennisti che impugnano la racchetta in maniera simile per il dritto e per il rovescio, lasciando il pollice esteso e quando colpiscono la palla spesso si trovano con gomito anteriore al tronco oppure quelli che terminano il movimento di dritto incrociato con una eccessiva pronazione del polso. Molto dolorose e limitanti, sono caratterizzate da una tumefazione palmare in corrispondenza delle articolazioni metacarpo-falangee dove i tendini flessori, ingrossati per l’infiammazione, si “incastrano” in una struttura anatomica, la puleggia.
In questo caso certamente la metodica di elezione, tralasciando altri esami inutili perché praticamente sempre negativi, è quella ecografica che consente una fine valutazione dei tendini flessori delle dita a livello del canale carpale o delle dita, che in questi casi appaiono aumentati di volume ed ipoecogeni, per la presenza di liquido di tipo flogistico interfibrillare (fig.5).
Altro esempio di flogosi tendinea è rappresentato dal “Morbo di De Quervain”, in cui i tendini estensore breve e adduttore lungo del pollice si bloccano sul bordo radiale del polso, con vivo dolore anche alla semplice palpazione. Il quadro clinico è caratteristico e la diagnosi deve essere confermata da una ecografia mirata o da una RMN.
In conclusione quindi anche i praticanti lo sport del tennis, così come per altri sportivi, possono andare incontro a processi flogisitici cronici che a lungo andare possono diventare molto dolorosi e invalidanti e spesso ribelli alle terapie, a cui spesso l’unico rimedio risulta una corretta prevenzione che consiste in una buona preparazione atletica congiunta ad una buona impostazione tecnica.
Fig. 2 Rx in antero-posteriore del gomito. Presenza di calcificazione nubecolare in sede epicondiloidea (>).
Fig.3 Ecografia in sezione assiale sul tendine sovraspinoso; si nota la estrema disomogeneità della ecostruttura (^) e la presenza di borsite reattiva (^^)
Fig. 4 Rmn in posizione di abduzione-extrarotazione in patologia da conflitto posteriore del tendine sovraspinoso; da notare l’edema della spongiosa tuberositaria (^) nella sequenza contrastografica e la capsula ampia(^^)
Fig. 5 Ecografia in sezione longitudinale sulla superficie volare del polso in una tendinosi dei flessori; si evidenzia la compressione del nervo mediano a livello del canale carpale.
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