Andamento epidemiologico
statistico dei traumi
nella pallamano Europea
P. Tamburrino



Una nuova terapia di fondo
per le tendinopatie?
Valutazione clinico-ecografica
in atleti con tendinopatia achillea
M. Muratore


La parola al Radiologo
Ecografia e “free climbing”
E. Silvestri



XV Congresso Internazionale di Riabilitazione Sportiva
e Traumatologia
Per due giorni Torino
è stata la capitale
della medicina di montagna
G.S. Roi



Il controllo farmacologico
del dolore artrosico
A cura della redazione




La terapia farmacologica
sintomatica dell’artrosi
G. Minisola




I NOSTRI
INSERZIONISTI
 
Muscoril
 
Ubimaior
 
Nitraket
 
Eutend
 
Contrast for life
 
Muscoril
 
Clody
 
Mobic
 
Dicloreum
 
Jointex
 











Anno 6 - Numero 2 - 2006
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


A cura del dott. Carlo Faletti
Resp. Traumatologia dello Sport - SIRM - Radiologia Muscolo-Scheletrica.


Ecografia e “free climbing”

E. Silvestri, B. Bartolini, M. Giglio
DI.ME.S - Dipartimento di Medicina Sperimentale
Sezione di Diagnostica per Immagini e Radioterapia - Università degli Studi di Genova

Negli ultimi anni si è registrato in Italia un forte incremento del numero di persone che praticano “free climbing”, con la nascita di nuovi centri indoor specializzati dove è possibile apprendere in modo rapido e sicuro le tecniche fondamentali e le più comuni prese dell’arrampicata sportiva moderna. Il “free climbing”può avere luogo sia su "muri naturali" che su "muri artificiali"(utilizzati per le competizioni). Queste due condizioni di arrampicata differiscono sia per la peculiarità dei movimenti richiesti che per le caratteristiche intrinseche degli itinerari (sviluppo in metri e conseguente tempo medio di percorrenza, tipologia delle pareti, forma delle prese).
Come tutti gli altri sport anche il “free climbing”, soprattutto se eseguito senza l’adeguata preparazione tecnica, può essere associato allo sviluppo di patologia traumatica o da overuse in particolare a carico delle strutture muscolo-tendinee e legamentose della mano.
La sintomatologia più frequentemente riscontrata in questi atleti è caratterizzata da dolore, tumefazione e limitazione funzionale alle estremità. Tali sintomi possono in alcuni casi essere attribuiti ad una tenosinovite dei flessori delle dita e del carpo. Nel caso di una sintomatologia ben localizzata a carico della IFP sono da considerare tre principali patologie: lesioni delle pulegge, patologia inserzionale del tendine flessore superficiale e flogosi articolare.
Un breve richiamo anatomico è fondamentale per comprendere la fisio-patologia e la biomeccanica delle lesioni osservate in chi pratica “free climbing”.
A livello delle dita della mano si riconoscono due gruppi di tendini flessori: superficiali e profondi. I tendini superficiali si inseriscono a livello della base della falange intermedia mentre i profondi si inseriscono alla base della falange distale. Tali tendini decorrono, rivestiti da guaina sinoviale, nell’ambito di canali osteofibrosi che si estendono dal palmo della mano fino alla falange distale. La “volta” di tali canali osteo-fibrosi è costituita da fibre arcuate chiamate pulegge di riflessione anulari (A) e cruciformi (C); tali strutture descrivono un arco davanti e sopra i tendini, nelle sedi in cui deve essere garantito un maggior contenimento. A livello di ogni dito sono presenti cinque pulegge anulari (da A1 ad A5) e tre pulegge cruciformi (da C1 a C3) (Fig. 1).
Le pulegge cruciformi si localizzano strategicamente nelle sedi in cui è richiesta una flessibilità del canale osteofibroso in modo da consentire il movimento delle articolazioni.
Il ruolo biomeccanico delle pulegge anulari è quello di mantenere in sede i tendini che vi passano al di sotto e che altrimenti verrebbero dislocati dall’azione muscolare; lesioni di queste strutture di contenimento causano pertanto instabilità dei tendini flessori.
Due tipi di presa sono più comunemente utilizzati in che pratica “free climbing”: il “crimp grip” e lo “slope grip”, caratterizzati da differenti sollecitazioni biomeccaniche sulle pulegge e sui tendini flessori.
Lo “slope grip” si effettua con una flessione dell’articolazione interfalangea distale di 50-70° e una leggera flessione dell’interfalangea prossimale; questo tipo di presa non è generalmente coinvolto nella patogenesi delle più comuni lesioni delle pulegge e dei tendini.
Il “crimp grip” è caratterizzato invece da una iperestensione dell’articolazione interfalangea distale e una flessione dell’articolazione inerfalangea prossimale da 90 a 100° (Fig.2). In questo tipo di presa le sollecitazioni biomeccaniche a carico delle pulegge A2 e A4 sono notevolmente superiori rispetto allo “slope grip” (sollecitazione 36 volte maggiore a carico di A2 e 6 volte maggiore a carico di A4).
Va sottolineato come nel “crimp grip” tutto il peso corporeo viene scaricato sulla sola estremità delle dita con una conseguente notevole sollecitazione soprattutto delle pulegge A2 e A4 che possono andare in contro a lesioni parziali o complete e determinare instabilità dei tendini flessori.
La diagnostica per immagini, in particolare l’esame ecografico ad alta risoluzione (apparecchiature provviste di sonde ad elevata frequenza), unitamente all’esame clinico, riveste un ruolo di primaria importanza nello studio delle componenti tendinee e delle pulegge.
Per visualizzare le pulegge ed eventuali loro lesioni, l’esame deve essere eseguito con tecnica statica (dito iperesteso) e dinamica (flessione contro resistenza: approssimativamente 10° IFD, 40° IFP).
L’esame ecografico dinamico, eseguito con trasduttori lineari ad alta risoluzione, permette di differenziare i tendini flessori profondi dai superficiali e di visualizzare le pulegge. Per migliorare la visualizzazione di tali strutture è consigliato utilizzare una grossa quantità di gel come distanziatore. Vengono effettuate scansioni longitudinali ed assiali; nelle prime i tendini si presentano come bande nastriformi a medio-alta ecogenicità delimitate da una linea iperecogena marginale corrispondente al peritenonio e caratterizzati da una architettura interna di tipo fibrillare.
Nelle scansioni traversali (asse corto) i tendini appaiono come strutture a morfologia rotondeggiante o ovalare e sono caratterizzati da numerosi echi puntiformi strettamente ravvicinati e omogeneamente distribuiti.
Le pulegge sono visualizzabili in entrambe le scansioni come sottili strutture lineari ipoecogene poste superficialmente ai tendini flessori.
La patologia da “overuse” più frequentemente riscontrata in chi pratica “free climbing” è la tenosinovite dei flessori caratterizzata all’esame ecografico sia in scansioni assiali che longitudinali dalla presenza di un alone anecogeno che circonda i tendini e che è determinato dalla distensione fluida della guaina tendinea (Fig.3).
In caso di rottura delle pulegge è fondamentale valutare con precisione con esame dinamico la distanza tra il tendine flessore profondo e la superficie ossea sottostante. Nei soggetti sani questa distanza non deve essere superiore ad 1-2 mm. In caso di patologia delle pulegge, il tendine si allontana dal piano osseo e assume una morfologia arcuata durante i movimenti di flessione con l’aspetto tipico a “corda d’archetto”.
Si consiglia di eseguire almeno due misurazioni per puleggia e calcolare il valore medio. Le scansioni longitudinali sono le più adatte per la valutazione di questa distanza perché offrono una visione panoramica di tutto il decorso del tendine (Fig.4).

Il riscontro di una distanza maggiore di 3 mm è indicativo di una rottura completa della puleggia A2, una distanza maggiore di 5 mm è patognomonica di rottura completa delle pulegge A2 e A4 (Fig. 5 a-b). Il riconoscimento precoce di queste lesioni è fondamentale per l’instaurazione di un regime terapeutico adeguato e risolutivo e per la prevenzione di possibili complicanze.


In conclusione, l’ecografia dinamica ad alta risoluzione unitamente alla conoscenza precisa dell’anatomia della regione e delle problematiche biomeccaniche , rappresenta sicuramente un valido strumento diagnostico nell’inquadramento della patologia tendinea del “free climber”.

Bibliografia essenziale

C. Martinoli, LE Derchi, C. Pastorino, M. Bertolotto, E. Silvestri.
Analysis of echotexture of tendons with US. Radiology. 1993 Mar;186(3):839-43.
Vigouroux L. , Quaine F, Labarre-vila A, Moutet F.
Estimation of finger muscle tendon tensions and pulley forces during specific sport-climbing grip techniques. Journal of biomechanics, 2005.
Klauser A, Frauscher F, Bodner G, Halpern EJ, Schocke MF, Springer P, Gabl M, Judmaier W, zur Nedden D.
Finger pulley injuries in extreme rock climbers: depiction with dynamic US.
Radiology. 2002 Mar;222(3):755-61.
Logan AJ, Makwana N, Mason G, Dias J.
Acute hand and wrist injuries in experienced rock climbers. Br J Sports Med. 2004 Oct;38(5):545-8.
Hauger O, Chung CB, Lektrakul N, Botte MJ, Trudell D, Boutin RD, Resnick D.
Pulley system in the fingers: normal anatomy and simulated lesions in cadavers at MR imaging, CT, and US with and without contrast material distention of the tendon sheath.
Department of Radiology, University of California, San Diego, Veterans Affairs Medical Center, 3350 La Jolla Village Dr, San Diego, CA 92161, USA.
Martinoli C, Bianchi S, Cotten A.
Imaging of rock climbing injuries. Semin Musculoskelet Radiol. 2005 Dec;9(4):334-45.
Silvestri E, Biggi E, Molfetta L, Avanzino C, La Paglia E, Garlaschi G.
Power Doppler analysis of tendon vascularization. Int J Tissue React. 2003;25(4):149-58.
Moutet F.
[Flexor tendon pulley system: anatomy, pathology, treatment] Chir Main. 2003 Feb;22(1):1-12. Review. French.
Rohrbough JT, Mudge MK, Schilling RC.
Overuse injuries in the elite rock climber. Med Sci Sports Exerc. 2000 Aug;32(8):1369-72.
Voulliaume D, Forli A, Parzy O, Moutet F.
Surgical repair of flexor tendon pulley rupture in high level rock climbing] Chir Main. 2004 Oct;23(5):243-8. French.

top