Il controllo farmacologico
del dolore artrosico
Report a cura della redazione della relazione “Il controllo
farmacologico del dolore artrosico”
IX° Congresso Nazionale CROI (Collegio Reumatologi Ospedalieri
Italiani) - Genova 24 - 27 maggio 2006
Il dolore artrosico è una realtà
estremamente complessa e articolata la cui difficoltà consiste
non solo nel trattare ma anche nell’identificare e nel
quantificare il dolore, in particolare se artrosico.
Quando si instaura una terapia farmacologica occorre tenere
presente che l’artrosi è una malattia di tutto l’ambito
articolare tanto che l’articolazione diartrodale può essere
considerata come un organo formato da osso, cartilagine
e tessuto sinoviale in equilibrio omeostatico. Nella scelta
del trattamento occorre considerare tutti questi aspetti
che sono alla base della malattia e quindi sono anche alla
base del dolore. (figura 1)
È anche importante sottolineare come l’equilibrio metabolico
dell’articolazione sia necessario per una corretta funzionalità
articolare; infatti il normale “turnover” è basato su un
perfetto bilanciamento tra sintesi e rimozione della matrice
cartilaginea. Quando si verifica un’alterazione dell’ambiente
articolare concomitante o a seguito di un carico eccessivo
sull’articolazione, la condizione ideale per la cartilagine
articolare viene a mancare e si manifesta uno squilibro
che può essere dovuto o ai fattori di rischio inerenti
la struttura cartilaginea oppure ai fattori inerenti il
carico.
Tenendo in debita considerazione gli aspetti funzionali
e clinici della malattia artrosica, gli obiettivi della
terapia saranno incentrati sull’educazione del paziente,
sul controllo della sintomatologia, sulla riduzione della
disabilità e sul controllo dell’evoluzione della malattia.
Tra le terapie farmacologiche trovano un ruolo gli analgesici
quali il paracetamolo, inibitore centrale delle prostaglandine
(PG) e della sostanza P, e il tramadolo che ha una azione
agonista sui recettori degli oppioidi con selettività specifica
sui µ.
Relativamente ai FANS, è ormai accertato che svolgono un’azione
periferica come attività antiinfiammatoria, analgesica,
antipiretica e che sono disponibili in tutte le formulazioni.
Poiché occorre considerare che l’artrosi è una patologia
cronica per la quale le terapie farmacologiche vengono
proseguite per lunghi periodi di tempo la ricerca farmaceutica
ha sviluppato e commercializzato molecole caratterizzate
da minori effetti collaterali, in particolare ha introdotto
i cosiddetti FANS Cox2-inibitori, farmaci che agiscono
inibendo esclusivamente o quasi totalmente la Cox-2.
Recentemente è stato visto che la Cox-2 ha un ruolo importante
non solo sul dolore e sull’infiammazione ma anche sul danno
cartilagineo; da qui l’idea di poter trattare i pazienti
artrosici con un farmaco che agisca sia sui sintomi sia
sulla evoluzione patogenetica dell’artrosi. (figura 2)
Recentemente molti studi hanno evidenziato il ruolo dell’infiammazione
sinoviale nell’aggravamento dell’artrosi, evidenziando
quanto sia importante utilizzare un trattamento farmacologico
che non sia condrolesivo ma che, al contrario, in qualche
maniera riesca a ristabilire l’equilibrio metabolico all’interno
della cartilagine. In questo senso le recenti scoperte
sul ruolo della Cox-2 all’interno della cartilagine articolare
e sulla sua importanza nella evoluzione della malattia
sembrano confermare che l’impiego di farmaci Cox-2 selettivi
sia da preferire nei pazienti con artrosi rispetto ai FANS
tradizionali. In particolare è stato visto che il meloxicam,
un farmaco antinfiammatorio Cox-2 inibitore, caratterizzato
da un ottimale grado di selettività sulle Cox-2, tale da
renderlo efficace ma senza presentare quegli eventi avversi
severi a livello cardiovascolare tipici dei Cox-inibitori
molto selettivi quali celecoxib, valdecoxib e etoricoxib,
non inibisce la sintesi condrocitaria di proteoglicani
e di collagene II rispetto all’ASA. (figura 3)

In uno studio in vitro che aveva lo scopo di valutare
l’effetto di diclofenac e meloxicam sul metabolismo
del liquido sinoviale, è emerso, infatti, che il meloxicam
non esplica un’attività condrolesiva quando raggiunge
la cartilagine articolare; in particolare, è stato
osservato che meloxicam, a dosaggi terapeutici, ha
un effetto protettivo sul metabolismo generale stimolando
la sintesi di proteoglicani e di ialuronato endogeno
nella cartilagine articolare osteoartrosica. Dall’analisi
della letteratura internazionale sono emersi alcuni studi
che confermano l’efficacia e la sicurezza nel tempo del
trattamento osteoartrosico attuato con meloxicam che
assicura una elevata percentuale di successi terapeutici
e di adesione alla terapia.
In conclusione, l’artrosi è spesso trattata con FANS
con risultati e dati contrastanti sul ruolo di questi
farmaci relativamente alla loro effetiva attività condroprotettiva;
il meloxicam è un farmaco Cox-2 inibitore caratterizzato
da spiccata efficacia antiinfiammatoria e antalgica e
dalla capacità di non alterare l’equilibrio metabolico
della cartilagine articolare. Grazie a queste caratteristiche,
il meloxicam svolge un efficace controllo del dolore,
mantiene e migliora la mobilità dell’articolazione e
limita il deterioramento funzionale.
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-Review Il Medico Sportivo n. 4/2005
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