L’imaging
nella sindrome retto-adduttoria
Eugenio
Genovese
Cattedra di Radiologia dell’Università dell’Insubria
- Ospedale di Circolo, Fondazione Macchi, Varese
La sindrome retto-adduttoria,
comunemente conosciuta come pubalgia, può essere
considerata una sindrome dolorosa cronica a sede inguino-pubica.
L’esame clinico è incerto poiché non
è possibile nella maggioranza dei casi individuare
l’origine del dolore. Sono varie le cause alla base
della sindrome rettoadduttoria che vanno dalla patologia
muscolotendinea a quella urogenitale, ne deriva quindi una
inevitabile difficoltà diagnostica che coinvolge
direttamente il radiologo. Nell’atleta la diagnosi
corretta e tempestiva presuppone l’idoneo comportamento
terapeutico e il ritorno alla attività agonistica
in tempi congrui. Con questo lavoro ci prefiggiamo di individuare
il ruolo dell’imaging nella diagnosi e nel follow-up
della sindrome retto-adduttoria che abbiamo schematicamente
differenziato in relazione alle cause più frequenti;
distinguiamo quindi la sindrome retto-adduttoria ad origine
ossea, muscolo-tendinea, dalla parete addominale, sinoviale
o le forme combinate.
Nella sindrome retto-adduttoria ad origine ossea le lesioni
più classiche sono le fratture, seppure quelle su
base traumatica non possano essere considerate nell’ambito
di una pubalgia, mentre una sintomatologia più subdola,
cronica, spesso è espressione della presenza di una
frattura da stress. Le fratture da stress interessano prevalentemente
la branca ischio-pubica e sono tipiche in talune specialità
sportive quali la marcia. Nelle indagini di radiologia convenzionale
(RX) in un’alta percentuale di casi non è identificabile
la rima di frattura; il motivo va ricercato nel fatto che
l’insorgenza della sintomatologia dolorosa precede
in genere le alterazioni macroscopiche tipiche della frattura
(fig. 1 A,B). La Risonanza Magnetica (RM), in relazione
all’elevato contrasto intrinseco della metodica e
quindi alla elevata sensibilità nel riconoscimento
delle alterazioni della spongiosa ossea, è la metodica
più efficace nella identificazione dello stress osseo
e quindi in grado di individuare la presenza di edema o
di emorragia interstiziale (fig. 2). Ma nonostante l’elevata
sensibilità, la RM non mostra altrettanta specificità
nella individuazione della rima di frattura. Le caratteristiche
della rima di frattura, l’estensione e l’orientamento
sono di pertinenza della Tomografia Computerizzata (TC),
metodica caratterizzata da elevato potere di risoluzione.
Bisogna comunque ricordare che la sindrome rettoadduttoria
nello sport è tipica dei soggetti in età giovanile;
per tale motivo l’indagine di TC deve essere riservata
a casi selezionati, quando sia indispensabile la diagnosi
differenziale tra uno stress response ed una frattura da
stress.
Fig. 1A,B. A) All’indagine
Rx convenzionale non si evidenziano rime di frattura. B)
Stesso paziente. L’indagine RM nelle immagini SE T2
pesate mostra debole ipersegnale della spongiosa ossea della
branca ischiopubica di sinistra, con immagine lineare ipointesa,
espressione di una rima di frattura (freccia).

Fig. 2. Stress response
del pube. Immagine RM acquisita in T2 con soppressione del
grasso. La spongiosa ossea del pube, bilateralmente, mostra
ipersegnale per la presenza di edema della spongiosa (frecce
grandi), mentre la tuberosità ischiatica di destra
e di sinistra presenta normale intensità di segnale
(punte di freccia).

Fig. 3 A,B. Rx convenzionale.
A) Sclerosi delle limitanti della sinfisi pubica (frecce).
B) Piccole aree di rarefazione da erosione delle limitanti
della sinfisi pubica (frecce)

Fig. 4 A,B. A) All’indagine
ecografica si osserva piccola calcificazione dell’inserzione
tendinea (freccia nera). La freccia bianca indica la superficie
del pube. B) Stesso paziente. La rx convenzionale evidenzia
calcificazione lamellare dell’inserzione tendinea
(freccia nera).

Fig. 5. Tendinopatia
inserzionale infiammatoria. Nelle immagini RM ad alto contrasto
l’edema peri-tendineo si manifesta iperintenso (freccia).

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Sempre nei soggetti giovani, in particolare in età
adolescenziale o immediatamente post-adolescenziale, la
causa di pubalgia può essere o una incompleta saldatura
del nucleo di ossificazione del pube, in tale sede l’indagine
RM può evidenziare l’iperemia della spongiosa,
espressione di una sofferenza da sovraccarico.
L’indagine radiografica tradizionale mantiene comunque
significato nel riconoscimento nella sindrome retto-adduttoria
di origine ossea, alla RX è possibile riconoscere
i segni indiretti di sofferenza del pube, quali la sclerosi
dell’osso in corrispondenza della sinfisi (fig. 3A)
o si possono evidenziare caratteristiche alterazioni erosive
la cui morfologia è definita a “francobollo”
(fig. 3B); in questi casi la sola indagine radiografica
convenzionale è sufficiente per la diagnosi.
Nello sportivo l’indagine radiografica del bacino
non può prescindere dalle proiezioni in ortostasi;
queste ultime possono evidenziare slivellamenti del pube,
altrimenti non identificabili all’esame radiologico
standard.
In taluni casi la sindrome dolorosa può non essere
tipica e coinvolgere anche le strutture posteriori, infatti
non bisogna dimenticare che il bacino è un anello
a livello del quale giungono i carichi dello scheletro assile
e una sofferenza della regione pubica può associarsi
ad uno stress response del sacro fino all’insorgenza
della frattura da stress.
Nell’ambito della pubalgia di origine ossea, ne fanno
parte i distacchi epifisari, tali alterazioni sono di più
facile diagnosi in relazione all’età ed alla
modalità di insorgenza, l’indagine convenzionale
è sufficiente a porre la diagnosi, ma è preferibile
utilizzare l’esame ecografico (ECO), sempre eseguito
comparativamente, per meglio definire il distacco ed evidenziare
il tessuto cartilagineo.
La sindrome retto-adduttoria ad origine muscolotendinea
riconosce con una certa frequenza le tendinopatie inserzionali
degli adduttori, tipiche di taluni sport, primo fra tutti
il calcio; sono facilmente identificabili con ecografia,
è possibile infatti valutare la qualità del
tessuto tendineo e, unitamente alla rx convenzionale, riconoscere
eventuali calcificazioni di significato entesopatico (fig.
4 A,B) o distacchi ossei in sede di inserzione tendinea.
Con l’ausilio dell’eco-color-doppler è
possibile differenziale una patologia inserzionale cronica
da una componente infiammatoria acuta o sub-acuta, caratterizzata
dalla presenza di iperemia. La RM nella patologia tendinea
degli adduttori può essere di ausilio nel riconoscimento
dell’osteite reattiva che spesso si associa alla tendinopatia
inserzionale; l’elevato contrasto intrinseco della
metodica consente di riconoscere con una certa facilità
l’edema peritendineo che nelle immagini ad alto contrasto
si presenta come sottile falda di iperintensità di
segnale, disposta attorno al tendine o in corrispondenza
della giunzione miotendinea (fig. 5).
Le lesioni distrattive muscolari degli adduttori e, in particolare
della regione miotendinea, ben si prestano alla valutazione
ecografia dinamica, le lesioni sono rappresentante da un
versamento sieroematico quando sia coinvolto un congruo
numero di fibre muscolari (fig. 6); le lesioni di I grado,
invece, sono identificate in fase subacuta con una disomogeneità
ecostrutturale del muscolo, in particolare si osserva incremento
della ecogenicità di aspetto disomogeneo sfumato
per la presenza di emorragia interstiziale. Nel sospetto
di una lesione distrattiva miotendinea è fondamentale
individuare il ventre muscolare coinvolto nella lesione
per differenziare una lesione esclusivamente muscolare da
una lesione più frequentemente miotendinea.
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L’indagine ecografia dinamica consente di valutare
lo scorrimento tendineo rispetto al muscolo lesionato e
di “quantizzare” l’estensione della lesione.
Nelle lesioni distrattive miotendinee la RM, grazie alla
panoramicità, è più affidabile nell’identificazione
del complesso muscolo tendineo coinvolto, ma tale metodica
offre i migliori risultati nel follow-up, in particolare
se si ricorre all’iniezione di mezzo di contrasto
(mdc), al fine di differenziale il tessuto di granulazione
in fase attiva dalla cicatrice. Nel follow-up l’impregnazione
contrastografica in sede di lesione è espressione
di un tessuto di granulazione che tende a riparare la lesione,
in presenza di tale evenienza si può considerare
la lesione non ancora stabilizzata (fig. 7 A-C).
L’indagine di RM è inoltre utile nella valutazione
delle complicanze legate alle lesioni miotendinee. L’esame,
se condotto comparativamente, può evidenziare asimmetria
dei ventri muscolari con aspetto sub-atrofico del muscolo
precedentemente lesionato, in questi casi vi è una
maggiore componente adiposa dei clivaggi tutto intorno al
muscolo o si possono riconoscere grossolane lamelle fibrotiche,
peraltro già ben evidenti all’indagine ecografica,
ma la possibilità di una immediata comparazione in
RM con l’arto controlaterale consente diagnosi più
dettagliate.
Un discorso a parte merita la patologia tendinea e miotendinea
del retto femorale, in questi casi la ricerca di alterazioni
del tendine non va limitata allo studio del tendine diretto,
bisogna ricordare che spesso si associa una tendinopatia
del tendine riflesso che va sempre ricercata o ecograficamente
o più facilmente con indagine RM.
L’imaging nella sindrome retto-adduttore non può
prescindere da una accurata valutazione della parete addominale,
in particolare dei muscoli retti addominali, anche la sola
asimmetria dei muscoli può essere responsabile della
sindrome dolorosa. Tale rilievo è di facile valutazione
sia con indagine ecografia che con indagine RM (fig. 8).
È invece di esclusiva pertinenza ecografica la valutazione
della sport-hernia, infatti l’esame dinamico durante
torchio addominale può identificare una breccia tra
i ventri muscolari della parete addominale dove si impegna
il contenuto erniario.
Anche patologia sinoviale può essere la causa di
una sindrome dolorosa inguino-pubica, la più caratteristica
è la borsite dell’ileopsoas che è riconoscibile
ecograficamente o con RM come un versamento della borsa
mucosa a ridosso dell’inserzione dell’ileopsoas
sul piccolo trocantere.
Come abbiamo visto sono molte le alterazioni elementari
alla base della sindrome retto-adduttoria, spesso però
la patologia può essere sostenuta da lesioni diverse,
vi può essere infatti l’associazione di una
patologia scheletrica quale una frattura da stress o di
una lesione distrattiva miotendinea oppure di un osteite
pubica associata ad una tendinopatia inserzionale degli
adduttori; quest’ultima considerazione rende l’iter
diagnostico più complesso e sottolinea l’importanza
della ricerca della sindrome dolorosa con una indagine che
possa essere considerata panesplorante. Noi consideriamo
che in presenza e nel sospetto di una sindrome rettoadduttoria
non si possa prescindere dall’indagine rx convenzionale,
che, come abbiamo descritto, può essere sufficiente
a porre diagnosi, ma in presenza di negatività dell’indagine
rx eseguita sia in condizioni basali che in ortostatismo,
riteniamo che la RM possa essere l’indagine in grado
di individuare la sede della lesione. Qualora la lesione
fosse di pertinenza tendinea o miotendinea l’indagine
ecografica offre ulteriori informazioni utili alla pianificazione
terapeutica. Non è infrequente che anche l’indagine
RM possa dare esito negativo, in tal caso è indispensabile
la valutazione ecografica dinamica nella ricerca di una
sport-hernia, ma anche altre alterazioni possono essere
evidenziate soltanto con indagine dinamica, tipo un’anca
a scatto che può essere sostenuta da una lussazione
del tendine dell’ileopsoas.
In conclusione possiamo considerare centrale il ruolo del
radiologo nella sindrome retto-adduttoria; infatti una precoce
diagnosi nell’atleta consente un più veloce
recupero all’attività agonistica ed è
ancor più importante l’imaging se consideriamo
che la clinica nella sindrome retto-adduttoria è
nella maggior parte dei casi scarsamente specifica.
Fig. 6. Rottura miotendinea
dell’adduttore lungo. All’indagine ecografia
si osserva versamento ematico in sede di lesione della giunzione
miotendinea (frecce).

Fig. 7 A,B. Lesione
miotendinea dell’adduttore lungo. A) sezione coronale
T2 pesata con soppressione del grasso. In sede di lesione
si osserva versamento iperintenso (freccia nera). B) Stesso
paziente. Al controllo a distanza di 2 settimane, il versamento
in sede di lesione è pressocchè completamente
risolto (freccia nera). C) nelle immagini acquisite dopo
iniezione e.v. di mdc l’area di lesione (freccia nera)
è riempita da tessuto di granulazione intensamente
impregnato dal mdc (frecce bianche).

Fig. 8. In una immagine
RM assiale si osserva asimmetrica rappresentazione dei muscoli
retti addominali, quello di destra è ipotrofico rispetto
al controlaterale (freccia).

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