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Anno 6 - Numero 1 - 2006
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


L’imaging nella sindrome retto-adduttoria
Eugenio Genovese
Cattedra di Radiologia dell’Università dell’Insubria - Ospedale di Circolo, Fondazione Macchi, Varese

La sindrome retto-adduttoria, comunemente conosciuta come pubalgia, può essere considerata una sindrome dolorosa cronica a sede inguino-pubica. L’esame clinico è incerto poiché non è possibile nella maggioranza dei casi individuare l’origine del dolore. Sono varie le cause alla base della sindrome rettoadduttoria che vanno dalla patologia muscolotendinea a quella urogenitale, ne deriva quindi una inevitabile difficoltà diagnostica che coinvolge direttamente il radiologo. Nell’atleta la diagnosi corretta e tempestiva presuppone l’idoneo comportamento terapeutico e il ritorno alla attività agonistica in tempi congrui. Con questo lavoro ci prefiggiamo di individuare il ruolo dell’imaging nella diagnosi e nel follow-up della sindrome retto-adduttoria che abbiamo schematicamente differenziato in relazione alle cause più frequenti; distinguiamo quindi la sindrome retto-adduttoria ad origine ossea, muscolo-tendinea, dalla parete addominale, sinoviale o le forme combinate.
Nella sindrome retto-adduttoria ad origine ossea le lesioni più classiche sono le fratture, seppure quelle su base traumatica non possano essere considerate nell’ambito di una pubalgia, mentre una sintomatologia più subdola, cronica, spesso è espressione della presenza di una frattura da stress. Le fratture da stress interessano prevalentemente la branca ischio-pubica e sono tipiche in talune specialità sportive quali la marcia. Nelle indagini di radiologia convenzionale (RX) in un’alta percentuale di casi non è identificabile la rima di frattura; il motivo va ricercato nel fatto che l’insorgenza della sintomatologia dolorosa precede in genere le alterazioni macroscopiche tipiche della frattura (fig. 1 A,B). La Risonanza Magnetica (RM), in relazione all’elevato contrasto intrinseco della metodica e quindi alla elevata sensibilità nel riconoscimento delle alterazioni della spongiosa ossea, è la metodica più efficace nella identificazione dello stress osseo e quindi in grado di individuare la presenza di edema o di emorragia interstiziale (fig. 2). Ma nonostante l’elevata sensibilità, la RM non mostra altrettanta specificità nella individuazione della rima di frattura. Le caratteristiche della rima di frattura, l’estensione e l’orientamento sono di pertinenza della Tomografia Computerizzata (TC), metodica caratterizzata da elevato potere di risoluzione. Bisogna comunque ricordare che la sindrome rettoadduttoria nello sport è tipica dei soggetti in età giovanile; per tale motivo l’indagine di TC deve essere riservata a casi selezionati, quando sia indispensabile la diagnosi differenziale tra uno stress response ed una frattura da stress.

Fig. 1A,B. A) All’indagine Rx convenzionale non si evidenziano rime di frattura. B) Stesso paziente. L’indagine RM nelle immagini SE T2 pesate mostra debole ipersegnale della spongiosa ossea della branca ischiopubica di sinistra, con immagine lineare ipointesa, espressione di una rima di frattura (freccia).

 

Fig. 2. Stress response del pube. Immagine RM acquisita in T2 con soppressione del grasso. La spongiosa ossea del pube, bilateralmente, mostra ipersegnale per la presenza di edema della spongiosa (frecce grandi), mentre la tuberosità ischiatica di destra e di sinistra presenta normale intensità di segnale (punte di freccia).

 

Fig. 3 A,B. Rx convenzionale. A) Sclerosi delle limitanti della sinfisi pubica (frecce). B) Piccole aree di rarefazione da erosione delle limitanti della sinfisi pubica (frecce)

 

Fig. 4 A,B. A) All’indagine ecografica si osserva piccola calcificazione dell’inserzione tendinea (freccia nera). La freccia bianca indica la superficie del pube. B) Stesso paziente. La rx convenzionale evidenzia calcificazione lamellare dell’inserzione tendinea (freccia nera).

 

 

Fig. 5. Tendinopatia inserzionale infiammatoria. Nelle immagini RM ad alto contrasto l’edema peri-tendineo si manifesta iperintenso (freccia).

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Sempre nei soggetti giovani, in particolare in età adolescenziale o immediatamente post-adolescenziale, la causa di pubalgia può essere o una incompleta saldatura del nucleo di ossificazione del pube, in tale sede l’indagine RM può evidenziare l’iperemia della spongiosa, espressione di una sofferenza da sovraccarico.
L’indagine radiografica tradizionale mantiene comunque significato nel riconoscimento nella sindrome retto-adduttoria di origine ossea, alla RX è possibile riconoscere i segni indiretti di sofferenza del pube, quali la sclerosi dell’osso in corrispondenza della sinfisi (fig. 3A) o si possono evidenziare caratteristiche alterazioni erosive la cui morfologia è definita a “francobollo” (fig. 3B); in questi casi la sola indagine radiografica convenzionale è sufficiente per la diagnosi.
Nello sportivo l’indagine radiografica del bacino non può prescindere dalle proiezioni in ortostasi; queste ultime possono evidenziare slivellamenti del pube, altrimenti non identificabili all’esame radiologico standard.
In taluni casi la sindrome dolorosa può non essere tipica e coinvolgere anche le strutture posteriori, infatti non bisogna dimenticare che il bacino è un anello a livello del quale giungono i carichi dello scheletro assile e una sofferenza della regione pubica può associarsi ad uno stress response del sacro fino all’insorgenza della frattura da stress.
Nell’ambito della pubalgia di origine ossea, ne fanno parte i distacchi epifisari, tali alterazioni sono di più facile diagnosi in relazione all’età ed alla modalità di insorgenza, l’indagine convenzionale è sufficiente a porre la diagnosi, ma è preferibile utilizzare l’esame ecografico (ECO), sempre eseguito comparativamente, per meglio definire il distacco ed evidenziare il tessuto cartilagineo.
La sindrome retto-adduttoria ad origine muscolotendinea riconosce con una certa frequenza le tendinopatie inserzionali degli adduttori, tipiche di taluni sport, primo fra tutti il calcio; sono facilmente identificabili con ecografia, è possibile infatti valutare la qualità del tessuto tendineo e, unitamente alla rx convenzionale, riconoscere eventuali calcificazioni di significato entesopatico (fig. 4 A,B) o distacchi ossei in sede di inserzione tendinea. Con l’ausilio dell’eco-color-doppler è possibile differenziale una patologia inserzionale cronica da una componente infiammatoria acuta o sub-acuta, caratterizzata dalla presenza di iperemia. La RM nella patologia tendinea degli adduttori può essere di ausilio nel riconoscimento dell’osteite reattiva che spesso si associa alla tendinopatia inserzionale; l’elevato contrasto intrinseco della metodica consente di riconoscere con una certa facilità l’edema peritendineo che nelle immagini ad alto contrasto si presenta come sottile falda di iperintensità di segnale, disposta attorno al tendine o in corrispondenza della giunzione miotendinea (fig. 5).
Le lesioni distrattive muscolari degli adduttori e, in particolare della regione miotendinea, ben si prestano alla valutazione ecografia dinamica, le lesioni sono rappresentante da un versamento sieroematico quando sia coinvolto un congruo numero di fibre muscolari (fig. 6); le lesioni di I grado, invece, sono identificate in fase subacuta con una disomogeneità ecostrutturale del muscolo, in particolare si osserva incremento della ecogenicità di aspetto disomogeneo sfumato per la presenza di emorragia interstiziale. Nel sospetto di una lesione distrattiva miotendinea è fondamentale individuare il ventre muscolare coinvolto nella lesione per differenziare una lesione esclusivamente muscolare da una lesione più frequentemente miotendinea.

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L’indagine ecografia dinamica consente di valutare lo scorrimento tendineo rispetto al muscolo lesionato e di “quantizzare” l’estensione della lesione. Nelle lesioni distrattive miotendinee la RM, grazie alla panoramicità, è più affidabile nell’identificazione del complesso muscolo tendineo coinvolto, ma tale metodica offre i migliori risultati nel follow-up, in particolare se si ricorre all’iniezione di mezzo di contrasto (mdc), al fine di differenziale il tessuto di granulazione in fase attiva dalla cicatrice. Nel follow-up l’impregnazione contrastografica in sede di lesione è espressione di un tessuto di granulazione che tende a riparare la lesione, in presenza di tale evenienza si può considerare la lesione non ancora stabilizzata (fig. 7 A-C).
L’indagine di RM è inoltre utile nella valutazione delle complicanze legate alle lesioni miotendinee. L’esame, se condotto comparativamente, può evidenziare asimmetria dei ventri muscolari con aspetto sub-atrofico del muscolo precedentemente lesionato, in questi casi vi è una maggiore componente adiposa dei clivaggi tutto intorno al muscolo o si possono riconoscere grossolane lamelle fibrotiche, peraltro già ben evidenti all’indagine ecografica, ma la possibilità di una immediata comparazione in RM con l’arto controlaterale consente diagnosi più dettagliate.
Un discorso a parte merita la patologia tendinea e miotendinea del retto femorale, in questi casi la ricerca di alterazioni del tendine non va limitata allo studio del tendine diretto, bisogna ricordare che spesso si associa una tendinopatia del tendine riflesso che va sempre ricercata o ecograficamente o più facilmente con indagine RM.
L’imaging nella sindrome retto-adduttore non può prescindere da una accurata valutazione della parete addominale, in particolare dei muscoli retti addominali, anche la sola asimmetria dei muscoli può essere responsabile della sindrome dolorosa. Tale rilievo è di facile valutazione sia con indagine ecografia che con indagine RM (fig. 8). È invece di esclusiva pertinenza ecografica la valutazione della sport-hernia, infatti l’esame dinamico durante torchio addominale può identificare una breccia tra i ventri muscolari della parete addominale dove si impegna il contenuto erniario.
Anche patologia sinoviale può essere la causa di una sindrome dolorosa inguino-pubica, la più caratteristica è la borsite dell’ileopsoas che è riconoscibile ecograficamente o con RM come un versamento della borsa mucosa a ridosso dell’inserzione dell’ileopsoas sul piccolo trocantere.
Come abbiamo visto sono molte le alterazioni elementari alla base della sindrome retto-adduttoria, spesso però la patologia può essere sostenuta da lesioni diverse, vi può essere infatti l’associazione di una patologia scheletrica quale una frattura da stress o di una lesione distrattiva miotendinea oppure di un osteite pubica associata ad una tendinopatia inserzionale degli adduttori; quest’ultima considerazione rende l’iter diagnostico più complesso e sottolinea l’importanza della ricerca della sindrome dolorosa con una indagine che possa essere considerata panesplorante. Noi consideriamo che in presenza e nel sospetto di una sindrome rettoadduttoria non si possa prescindere dall’indagine rx convenzionale, che, come abbiamo descritto, può essere sufficiente a porre diagnosi, ma in presenza di negatività dell’indagine rx eseguita sia in condizioni basali che in ortostatismo, riteniamo che la RM possa essere l’indagine in grado di individuare la sede della lesione. Qualora la lesione fosse di pertinenza tendinea o miotendinea l’indagine ecografica offre ulteriori informazioni utili alla pianificazione terapeutica. Non è infrequente che anche l’indagine RM possa dare esito negativo, in tal caso è indispensabile la valutazione ecografica dinamica nella ricerca di una sport-hernia, ma anche altre alterazioni possono essere evidenziate soltanto con indagine dinamica, tipo un’anca a scatto che può essere sostenuta da una lussazione del tendine dell’ileopsoas.
In conclusione possiamo considerare centrale il ruolo del radiologo nella sindrome retto-adduttoria; infatti una precoce diagnosi nell’atleta consente un più veloce recupero all’attività agonistica ed è ancor più importante l’imaging se consideriamo che la clinica nella sindrome retto-adduttoria è nella maggior parte dei casi scarsamente specifica.

Fig. 6. Rottura miotendinea dell’adduttore lungo. All’indagine ecografia si osserva versamento ematico in sede di lesione della giunzione miotendinea (frecce).

Fig. 7 A,B. Lesione miotendinea dell’adduttore lungo. A) sezione coronale T2 pesata con soppressione del grasso. In sede di lesione si osserva versamento iperintenso (freccia nera). B) Stesso paziente. Al controllo a distanza di 2 settimane, il versamento in sede di lesione è pressocchè completamente risolto (freccia nera). C) nelle immagini acquisite dopo iniezione e.v. di mdc l’area di lesione (freccia nera) è riempita da tessuto di granulazione intensamente impregnato dal mdc (frecce bianche).

 

 

Fig. 8. In una immagine RM assiale si osserva asimmetrica rappresentazione dei muscoli retti addominali, quello di destra è ipotrofico rispetto al controlaterale (freccia).

 

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