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Ruolo di un nuovo acido
ialuronico 16mg/2ml nel
trattamento dell’osteoartrosi
Umberto Zoppi

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Anno 6 - Numero 1 - 2006
IL MEDICO SPORTIVO
Periodico di aggiornamento scientifico e
professionale


Ruolo di un nuovo acido ialuronico 16mg/2ml
nel trattamento dell’osteoartrosi
Review della letteratura
a cura di Umberto Zoppi
Divisione di Ortopedia e Traumatologia, Ospedale Civile di Teramo.

Introduzione
L’osteoartrosi è una delle patologie reumatiche più comuni e diffuse nella popolazione ed è una patologia cronica caratterizzata da una lenta e progressiva degradazione della cartilagine articolare che provoca dolore e aumento della disabilità motoria. Questa affezione articolare può avere, soprattutto nei casi più gravi, un pesante impatto sulla qualità di vita del paziente comportando una limitazione funzionale e sociale.
Attualmente le opzioni terapeutiche utilizzate sono rappresentate in prima istanza da farmaci antinfiammatori e analgesici sistemici e topici e da infiltrazioni intraarticolari di corticosteroidi e acido ialuronico.

Ruolo dell’acido ialuronico nell’articolazione osteoartrosica
Il trattamento intraarticolare con acido ialuronico è entrato solo di recente a pieno diritto nell’armamentario terapeutico per il trattamento dell’osteoartrosi, in quanto numerosi studi ne hanno dimostrato l’efficacia viscoelastica, lubrificante e antiinfiammatoria svolta nell’articolazione osteoartrosica.
Infatti, se si considera che l’acido ialuronico rappresenta uno dei più importanti componenti del corpo umano trovandosi, praticamente, in tutti i tessuti, ben si può comprendere l’importanza che assume all’interno della cartilagine e, in dettaglio, nel liquido sinoviale, il quale deve le sue caratteristiche ammortizzanti, lubrificanti e antinfiammatorie proprio all’acido ialuronico endogeno.
Tuttavia, in corso di patologia artrosica il liquido sinoviale si altera e di conseguenza si riduce la concentrazione e la qualità dell’acido ialuronico nell’articolazione; inoltre, la membrana sinoviale diventa più permeabile favorendo il passaggio di sostanze pro-infiammatorie.
In sintesi, in una cartilagine osteoartrosica avviene uno sbilanciamento del delicato equilibrio esistente tra sintesi e degradazione della matrice cartilaginea. In corso di osteoartrosi, l’equilibrio tra sintesi e degradazione si sposta verso quest’ultima, come illustrato in figura 1.

Figura 1. Alterazione dell’equilibrio tra degradazione e sintesi di matrice cartilaginea in corso di OA

Figura 2. Stimolazione percentuale della sintesi di acido ialuronico endogeno in cellule cartilaginee osteoartrosiche.

Figura 3. Affinità recettoriale e stimolazione endogena di acido ialuronico con peso molecolare differente.

Figura 4. Cellula sinoviale in coltura circondata da acido ialuronico

Figura 5. Percentuale di penetrazione transinoviale di acido ialuronico

 

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L’acido ialuronico endogeno è responsabile delle proprietà viscoelastiche del liquido sinoviale e agisce sia come lubrificante che come ammortizzatore degli urti; riveste tutta la superficie della cartilagine articolare e blocca la migrazione di proteoglicani dalla matrice cartilaginea all’interno dello spazio sinoviale mantenendo normale la matrice stessa. Allo stesso modo l’acido ialuronico sembra impedisca l’invasione di cellule proinfiammatorie all’interno dello spazio e del liquido articolare. Tuttavia, in corso di processi infiammatori acuti e cronici dell’articolazione, la dimensione delle molecole di acido ialuronico si riduce, favorendo il passaggio di sostanze proinfiammatorie e degradative della cartilagine.
Da queste considerazioni deriva l’obiettivo di ristabilire il volume del liquido sinoviale rispettando e reintegrando le sue proprietà viscoelastiche e lubrificanti, stimolando la produzione di nuovo acido ialuronico endogeno ad azione antiinfiammatoria e analgesica, attraverso le infiltrazioni intraarticolari.
Le numerose evidenze scientifiche sull’importanza dell’acido ialuronico nella terapia dell’osteoartrosi hanno portato alla ricerca di nuove molecole caratterizzate da un peso molecolare ideale, tale cioè da consentire all’acido ialuronico di svolgere funzioni viscoelastiche, lubrificanti e antinfiammatorie.
Tuttavia non tutti gli acidi ialuronici sono uguali e si differenziano principalmente per due aspetti: la biotecnologia alla base della loro sintesi e/o estrazione e il peso molecolare.
L’acido ialuronico può essere prodotto attraverso l’estrazione da creste di gallo o per fermentazione batterica, una biotecnologia di recente sviluppo.

 

Tabella 1. Effetto dell’acido ialuronico sui principali mediatori dell’infiammazione

Tabella 2. Attività di un nuovo acido ialuronico 16mg/2ml


I recenti avvenimenti in merito alla diffusione di malattie animali nell’uomo, come l’attuale virus della influenza aviaria, hanno portato la ricerca scientifica a concentrarsi su biotecnologie atte a ottenere l’acido ialuronico per fermentazione batterica, una tecnica, appunto, che assicura la totale purezza della sostanza senza alcun rischio di contaminazione da molecole o virus di provenienza animale evitando l’insorgenza di allergie nei pazienti. Recentemente è stato introdotto in commercio un acido ialuronico ottenuto per fermentazione batterica e non estratto da creste di gallo.
Se le metodiche di produzione sono ormai consolidate, occorre invece fare una maggiore chiarezza relativamente al peso molecolare dell’acido ialuronico e all’importanza che esso ha nel garantire l’efficacia nel tempo delle infiltrazioni intraarticolari.
Infatti, è stato accertato, attraverso numerosi studi, che la sintesi di nuovo acido ialuronico endogeno è influenzata dalla concentrazione e dal peso molecolare dell’acido ialuronico introdotto con metodica infiltrativa intraarticolare.
È ormai dimostrato che l’acido ialuronico, per poter esplicare le sue attività intrinseche nella cartilagine artrosica, deve necessariamente legarsi in maniera forte e ottimale con i recettori specifici (CD44) situati sulla superficie della membrana sinoviale, in maniera tale da stimolare la cellula a trasmettere tutti quei segnali biochimici necessari alla stimolazione endogena. Inoltre, è stato osservato che più il legame recettoriale con l’acido ialuronico endogeno è forte, maggiore sarà la permanenza dello stesso nel liquido sinoviale e più duraturo sarà l’effetto di stimolazione.
Studi in vitro hanno dimostrato che un acido ialuronico con basso peso molecolare (<0,5x106 Dalton) presenta una bassa affinità con i recettori cellulari per l’acido ialuronico con la conseguenza di non stimolare o stimolare solo parzialmente la biosintesi di acido ialuronico endogeno. Allo stesso modo, un acido ialuronico ad elevato peso molecolare (>4,0x106 Dalton) presenta un ingombro sterico tale da non consentire o consentire solo in parte il legame recettoriale e, anche in questo caso, la conseguenza è rappresentata dalla scarsa stimolazione della sintesi da parte dei fibroblasti.
Allo scopo di approfondire queste osservazioni, alcuni ricercatori hanno realizzato uno studio in vitro su cellule cartilaginee osteoartrosiche, reumatoidi e normali per verificare quale peso molecolare sia più in grado di stimolare la sintesi di acido ialuronico endogeno.
Utilizzando varie preparazioni di acido ialuronico con differente peso molecolare (da un minimo di 0,075x106 Dalton ad un massimo di 3,8x106 Dalton) e con differenti concentrazioni (10µg/ml, 25µg/ml, 50µg/ml, 100µg/ml, 200µg/ml e 400µg/ml) hanno valutato la capacità del preparato di indurre la stimolazione endogena.
Dall’analisi dei dati è emerso che una concentrazione in vitro di circa 200µg/ml è quella più simile a quella che si otterrebbe con una infiltrazione intrarticolare in vivo.
Dal punto di vista della pratica clinica tale dato (riportato in figura 2) può essere importante in quanto influisce sulla scelta dell’acido ialuronico da utilizzare per l’infiltrazione intraarticolare: infatti, uno dei primi prodotti a base di acido ialuronico più diffuso in Italia ha un peso molecolare di circa 0,62x106 Dalton, non in grado, quindi, di stimolare la sintesi endogena, come del resto è chiaramente evidenziato in figura 2.

Figura 6. Miglioramento della mobilità articolare e della sintomatologia dolorosa valutate tramite indice algo-funzionale WOMAC ottenuto con un nuovo acido ialuronico 16mg/2ml.



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La conclusione di tale studio indica che la sintesi endogena viene stimolata a partire da un peso molecolare di 0,88x106 Dalton, mentre gli altri acidi ialuronici presi in esame e con peso molecolare inferiore, non stimolano la sintesi endogena in nessuna delle tre linee cellulari studiate (osteoartrosica, reumatoide e normale).
Analisi effettuate su colture di cellule estratte da cartilagini articolari osteoartrosiche, hanno, infine, identificato che il peso molecolare ideale per un acido ialuronico è rappresentato da un peso compreso tra 0,5x106 e 4,0 x106 Dalton; tale peso sembra essere, infatti, quello caratterizzato da una forte affinità recettoriale e, quindi, da una maggiore e ottimale stimolazione di acido ialuronico endogeno. (Figura 3)
Tuttavia, l’attività dell’acido ialuronico non può essere confinata alla sola stimolazione endogena; infatti, è stato dimostrato che l’acido ialuronico possiede un effetto antiinfiammatorio: ancorandosi ai recettori cellulari, circonda la cellula sinoviale creando una sorta di barriera che riduce le interazioni tra le sostanze proinfiammatorie penetrate nel liquido sinoviale e la cellula stessa, riducendo lo stato infiammatorio articolare. (Figura 4)

 

Figura 7. Valutazione dello sperimentatore sulla tollerabilità e sicurezza di un nuovo ac. ialuronico 16mg/2ml al termine dello studio.

Figura 8. Miglioramento della funzionalità articolare ottenuto con un nuovo ac. ialuronico 16mg/2ml valutata tramite indice di Lequesne.

Figura 9. Valutazione dello sperimentatore e del paziente sulla tollerabilità di un nuovo ac. ialuronico 16mg/2ml al termine dello studio.


Tale affermazione trova riscontro in numerosi studi in vivo dove è stata osservata una attività antiinfiammatoria dipendente dal peso molecolare. In particolare è stato visto un effetto inibitorio sui neutrofili attivati responsabili della degradazione della cartilagine, espresso come riduzione della perdita di glicosaminoglicani, risultato peso molecolare dipendente. Rispetto ad un acido ialuronico di basso peso molecolare, i dati illustrano come la riduzione della perdita di glicosaminoglicani sia maggiore con acido ialuronico di peso molecolare di 0,95x106 Da.
Inoltre, è stato visto che l’acido ialuronico presenta un’attività peso molecolare dipendente nei confronti delle reazioni indotte da radicali liberi e altri mediatori della flogosi, proteggendo, pertanto, i tessuti cartilaginei dal danno ossidativo.
A tale riguardo i dati permettono di affermare che una preparazione di acido ialuronico con peso molecolare di 1,2x106 Da è più efficace nel proteggere i fibroblasti dal danno ossidativo rispetto a un acido ialuronico di peso molecolare di 0,176x106Da o di 0,668x106 Da.
Gli ulteriori effetti antinfiammatori dell’acido ialuronico, somministrato per via intraarticolare, rappresentati in tabella 1, sono essenzialmente dovuti all’attività sui principali mediatori della flogosi, che, in caso di articolazione osteoartrosica, penetrano all’interno della stessa aumentando il danno, l’infiammazione e la degradazione della cartilagine. (Tabella 1)
Tutte queste evidenze sull’attività dell’acido ialuronico sono strettamente dipendenti dalla capacità dello stesso di penetrare all’interno del liquido transinoviale.
Infatti, le concentrazioni transinoviali indicano la capacità di penetrare la matrice extracellulare e, di conseguenza, la percentuale di sostanza in grado di raggiungere i recettori cellulari per l’acido ialuronico.
In uno studio sperimentale effettuato in vivo, è stato appurato che esiste una stretta relazione tra il peso molecolare dell’acido ialuronico e la sua capacità di penetrare il fluido transinoviale; i dati raccolti hanno permesso di evidenziare come un acido ialuronico di peso molecolare superiore o uguale a 2,2x106 Da non sia in grado di garantire concentrazioni transinoviali significative. (Figura 5)
Anche questo dato presenta un aspetto pratico, in quanto, evidenzia come un acido ialuronico ad elevato peso molecolare presenti una scarsa penetrazione transinoviale, comportando quindi una minore stimolazione endogena e una ridotta capacità di intervenire sui processi infiammatori provocati dai modulatori della flogosi, mentre un acido ialuronico di basso peso molecolare (0.5x106 Da) presenti una elevata penetrazione transinoviale ma anche uno scarso legame con i recettori e, di conseguenza, non sia in grado di stimolare alcuna biosintesi endogena.

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Risvolti clinici
Curiosamente, per riscontrare le prime evidenze cliniche sull’utilizzo dell’acido ialuronico occorre risalire a studi sugli animali: infatti, proprio per le attività descritte precedentemente, i primi impieghi dell’acido ialuronico sono stati effettuati sui cavalli da corsa, dove la necessità di mantenere efficienti le articolazioni rappresentava più un obiettivo economico (le corse dei cavalli hanno un giro d’affari estremamente importante) che non legato al bisogno di sperimentazioni vere e proprie sull’animale.
È proprio dai successi terapeutici ottenuti nei cavalli da corsa che la medicina e la ricerca scientifica medica hanno iniziato a studiare gli effetti dell’acido ialuronico nelle articolazioni dell’uomo, approfondendo nel tempo tutti i suoi possibili effetti ed attività nella cartilagine articolare.
A seguito di numerosi studi clinici effettuati nell’uomo, la terapia infiltrativa intraarticolare di acido ialuronico è oggi entrata a far parte del bagaglio terapeutico del medico; in particolare, i successi ottenuti nel trattamento dell’osteoartrosi del ginocchio hanno contribuito alla diffusione dell’utilizzo clinico dell’acido ialuronico.
I successi clinici riscontrati nelle articolazioni osteoartrosiche, hanno stimolato la ricerca e la commercializzazione di nuovi prodotti biotecnologicamente più avanzati. È di recente immissione in commercio una nuova soluzione di acido ialuronico fisiologico tamponato a base di ialuronato di sodio (sale sodico dell’acido ialuronico) altamente purificato allo 0,8%, ottenuto per fermentazione batterica e caratterizzato da un peso molecolare che, alla luce delle evidenze sperimentali in vitro e in vivo precedentemente trattate, si presenta come ideale.
Il peso molecolare di questo nuovo acido ialuronico è, infatti, compreso tra 0,8x106 Da e 1,2x106 Da, il che lo colloca esattamente all’interno del range definito ideale dalla letteratura internazionale di 0,5x106 Da-4,0x106 Da.
Di conseguenza presenta una serie di attività che lo rendono ideale nel trattamento dell’osteoartrosi ripristinando l’equilibrio tra sintesi e degradazione della matrice cartilaginea e riducendo il catabolismo della cartilagine stessa. (Tabella 2)
Dal punto di vista dell’efficacia terapeutica, questa nuova soluzione di acido ialuronico è stata oggetto di un’attenta valutazione clinica della quale vengono qui citati due studi effettuati su pazienti affetti da osteoartrosi al ginocchio, l’articolazione più diffusamente colpita da questa patologia.

 

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Il primo studio clinico aveva l’obiettivo di valutare l’efficacia e la tollerabilità di questa nuova soluzione su 63 pazienti di età compresa tra i 18 e 85 anni, trattati ambulatorialmente per gonartrosi cronica; all’arruolamento i pazienti manifestavano una sintomatologia dolorosa di almeno 30 mm su Scala Analogico Visiva (VAS) di 100 mm. I risultati dello studio hanno dimostrato come i punteggi dell’indice algo-funzionale WOMAC (Western Ontario and McMaster University Osteoarthritis) relativi a dolore, rigidità e mobilità articolare, si siano ridotti in maniera statisticamente significativa a partire dalla 3° settimana di trattamento (Figura 6) .
La tollerabilità e la sicurezza di questo nuovo acido ialuronico sono state valutate sulla base dei sintomi osservati e riguardanti dolore nel sito di iniezione ed eventi avversi dopo il trattamento, che, secondo il giudizio dello sperimentatore, sono risultate eccellenti nella maggioranza dei pazienti (Figura 7).
Il secondo studio è stato condotto per verificare l’effetto del trattamento con questa nuova soluzione di acido ialuronico in 40 pazienti ambulatoriali di età compresa tra 18 e 82 anni con compromissione articolare del ginocchio; dai risultati ottenuti è stata osservata una progressiva riduzione del punteggio dell’indice di Lequesne confermando, di conseguenza, l’efficacia del trattamento. Il punteggio dell’indice di Lequesne è stato così considerato: 8-10 artrosi grave; 5-7 artrosi moderata; 1-4 artrosi lieve. (Figura 8)
Come nel precedente studio, la tollerabilità locale e sistemica secondo la valutazione dello sperimentatore e del paziente è stata giudicata eccellente nella maggior parte dei casi. (Figura 9)

Conclusioni
A conclusione di questa revisione della letteratura si può affermare che, grazie ai numerosi studi che approfondiscono i meccanismi biologici e biochimici che sono alla base della efficacia terapeutica nell’osteoartrosi, i preparati a base di acido ialuronico possono rientrare nelle opportunità terapeutiche a disposizione del medico curante.
Tuttavia, poiché come si è visto, non tutti i preparati disponibili sono uguali, è necessario che il medico ponga una certa attenzione nella scelta del prodotto da infiltrare, tenendo presente che le differenze che li contraddistinguono, possono dare risultati terapeutici differenti e in alcuni casi possono disattendere le aspettative. Pertanto, in tutti i pazienti con danno articolare avanzato, in fase di recupero funzionale, affetti da osteoartrosi o che hanno subito traumi articolari, la scelta dovrebbe indirizzarsi verso una preparazione di acido ialuronico che abbia un peso molecolare ideale (0,8x106 Da - 1,2x106 Da), ottenuto per fermentazione batterica e non per estrazione da creste di gallo e abbia dimostrato di assicurare il ripristino sia delle proprietà reologiche del liquido sinoviale sia dell’equilibrio endogeno tra sintesi e degradazione della matrice cartilaginea.

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